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venerdì 22 ottobre 2010

Rottura Tendine Achille

Il tendine di achille si origina dalla fusione del muscolo gastrocnemio e del soleo, e si inserisce al livello dell a apofisi calcaneare posteriore. Serve per la spinta del piede. Gli sport che piu’ facilmente determinano la patologia, sono il calcio, il basket , la pallavolo, e l’atletica leggera. Tale lesione purtroppo non riguarda solo gli sportivi, ma viene evidenziata anche in soggetti non piu' giovanissimi . Colpisce di piùi maschi in un eta’ compresa tra i 25 e i 50 anni.
Bisogna distinguere:
Tendinopatia: dolore al tendine in seguito ad abuso o carico eccessivo funzionale dell’articolazione
Tendinosi: processo degenerativo che compromette il tendine
Tendinite: infiammazione acuta che interessa il peritenonio ( membrana che avvolge il tendine).



Da sottolineare che le rotture del tendine normalmente avvengono per una condizione passata di tendinosi, per cui è vitale valutare con attenzione le prime avvisaglie di dolore tendine0, per prevenire eventuali e dolorose lesioni
Si possono riconoscere in lesioni acute e lesioni degenerative. Possiamo quindi considerare:
-Rotture da traumi diretti (ferite da taglio, da punta…)
-Rotture traumatiche riflesse (frequenti in sport quali sci, atletica…)
-Rotture spontanee (patologie degenerative o da traumi reiterati anch’esse caratteristiche degli atleti). Nell’anziano, come già indicato la rottura avviene quasi sempre su piattaforma degenerativa.
Sintomi: mentre nel trauma acuto il paziente evidenzia di un evento traumatico con improvvisa percezione di colpo o morso associato a dolore, nelle fratture croniche,  può essere presente una storia di subdole e discrete algie al tendine associate ad un evento traumatico di modesta entità con sintomatologia più attenuata rispetto al trauma acuto. Il paziente spesso riferisce un malessere costante che si protrae da tempo. Una volta lesionato, nell’area tendinea, si evidenzia una sorta di avvallamento più o meno evidente, e una mancanza di continuità del profilo tendineo, il movimento attivo di articolarità del piede è ristretto, e il movimento articolare origina dolore , il paziente a volte però riesce a procedere in autonomia.
Diagnosi: di norma non è complicata, infatti alla palpazione retta del tendine con piede in dorsiflessione con paziente prono, si evidenzia l’avvallamento causato dalla rottura. Tuttavia l’edema, l’ecchimosi, e la poca partecipazione del paziente, non sempre aiutano nella diagnosi che può essere conclusa da un esame ecografico o uno studio RMN.
La flessione non sempre appare schiettamente alterata a causa della persistenza di alcune fibre e della guaina e per l’aiuto dato da altre forme muscolari quali il tibiale posteriore.
Utile può essere la manovra di Thompson: pinza mento e compressione del polpaccio con paziente prono e ginocchio flesso a novanta gradi quando il tendine è integro si dovrebbe evidenziare la dorsiflessione passiva del piede.
Le rotture parziali usuali nelle lesioni da taglio nelle lesioni subcutanee, possono risultare misconosciute in quei coincidenze (25%) di decorso mediale del tendine plantare
Raramente si accosta un esame rx, esso andrebbe sempre effettuato in caso di sospetta disinserzione del tendine dalla tuberosità calcaneare.
Terapia: il trattamento senza operare per quanto possibile con un lungo periodo di immobilizzazione, può determinare in rirotture, allungamenti del tendine, diminuzione della potenza flessoria, impotenza funzionale.
Per tale motivo spesso si suggerisce di intervenire chirurgicamente ed in tempi stretti, ove non sia possibile, è consigliabile un’immediata immobilizzazione con gesso e piede posto in flessione plantare. L’intervento è la tenoraffia, che può essere adempita con varie tecniche. Nei casi di perdita di forma, possono essere utilizzate come rinforzo, forme tendinee autologhe. Recentemente si effettua (dove possibile), una sutura percutanea con ingresso chirurgico minimo.
Il trattamento post-operatorio: si contraddistingue una prima fase con stivaletto gessato o tutore tipo rom walken con piede in lieve flessione plantare per circa quattro settimane, e una seconda nella quale si comincerà un trattamento fisioterapico di mobilizzazione passiva e attiva ricollegata ad una ginnastica in acqua. Lo scopo è quello di ridare una continuità funzionalmente efficace al tendine, senza generare tenaci fenomeni di fibrosi riparativa che potrebbero pregiudicare un’adeguata elasticità articolare. La ripresa allo sport dipende dalla disciplina effettuata, ma è consigliabile non prima dei 60 giorni.
E’ importante accentuare che il grado di flessione della tibio tarsica nelle immobilizzazioni, non dovrebbe mai essere imposta, ma dovrebbe essere quello in “equino gravitario”, ovvero la posizione di sollievo che il piede assume quando il paziente è seduto con le gambe pendenti.

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